Anche quest’anno, come da tradizione, presso la scuola elementare è stato allestito l’altare di San Giuseppe. Gli "altari" di San Giuseppe sono una pratica devozionale diffusa in molti luoghi cambiando talvolta le forme, le modalità e gli addobbi. In Sicilia e nel Salento, in cui sono particolarmente diffusi, la sera del 18 marzo le famiglie che intendono assolvere un voto o esprimere una particolare devozione al santo allestiscono in casa un tavolo su cui troneggia un’immagine del santo e sul quale vengono poste paste, verdure, pesci freschi, uova, dolci, frutta, vino. Sono poi invitati a mensa mendicanti, familiari e amici, tre bambini poveri rappresentanti la Santa Famiglia.
Si riceve il cibo con devozione e spesso recitando preghiere, mentre tredici bambine con in testa una coroncina di fiori, dette “tredici verginelle”, cantano e recitano poesie in onore di S. Giuseppe. Talvolta è un intero quartiere a provvedere e allestire le tavole all’aperto.
Ogni altare di San Giuseppe, come vuole una tradizione che si perde nella notte dei tempi, è rivestito in tutta la sua struttura di mortella, una pianta sempreverde con cui si ornavano, anche in tempi pagani, i carri. Alle quattro estremità superiori, l’altare è addobbato con ciuffi di alloro, altra pianta sempreverde; attorno ai rami di alloro vanno collocati i tipici pani. I piedi dell’altare vengono ornati con rami di rosmarino.
Tutto l’altare è addobbato di arance e limoni, come una simbolica offerta propiziatoria di ciò che la terra di Sicilia produce. In alto, come in tutte le chiese e le cappelle, sta la croce, segno fondamentale della cristianità. Sul lato sinistro, in alto, c’è il sole, simbolo di Dio. A destra è collocata la luna, che simboleggia la Madonna. Al centro del frontone è riposta la M della Madonna. Attorno al suo nome si dispongono garofani e rose, quest’ultime allegoria della verginità della Madonna. Più in basso, ai due lati sono sempre presenti due pavoni, simbolo della gloria o immortalità e della risurrezione di Cristo. Nella colonna di destra, cioè sul lato della Madonna, vanno collocate le forbici, simbolo della laboriosità della Vergine Maria.
I due frati posti in alto simboleggiano l’umiltà, ma anche la cristianità in preghiera.
Appaiate a due a due, sulle colonne anteriori dell’altare vanno collocati i carciofi, i piselli e, immancabilmente, le fave, allegoria della generosità.
Sempre a coppia, si individuano due grappoli d’uva che, insieme al altre forme di frutta, sono forse l’allegoria dell’abbondanza.
Non può mancare su una delle colonne anteriori la scala, segno del lavoro di San Giuseppe. Talvolta, oltre la scala, possono sistemarsi altri strumenti tipici del lavoro del falegname.
A terra, davanti l’altare, sono collocate tre paia di scarpe di misura diversa: sono rispettivamente di San Giuseppe, della Madonna e del Bambino Gesù.
Sempre a terra, non manca mai almeno una brocca d’acqua con dei pesci; questi simboleggiano l’innocenza. E poi il pesce, in greco “ichtus” con la “CH” di Cristo, tra i primi cristiani era il simbolo del cristianesimo. Una coppia di pesci è pure presente sulle due colonne anteriori dell’altare.
All’interno della cappelletta si ha l’altare vero e proprio. Esso è formato da tre gradini. Sul primo sono disposti i pani dei santi, tre grossi pani che il padrone di casa dopo la cena offrirà in dono ai personaggi che impersonano San Giuseppe, la Madonna e il piccolo Gesù.
Sul secondo gradino vanno disposti due candelabri. Sul gradino più piccolo si colloca il calice, ricordo del sangue di Cristo, e l’ostensorio, Gesù fatto carne.
Al di sopra dei tre gradini, all’interno di tutto l’altare, centro focale di tutta la struttura, è riposto il quadro di San Giuseppe, a cui è dedicata la cena. Più esattamente, il quadro riproduce la sacra famiglia: San Giuseppe, la Madonna e il Bambino Gesù. Pende sul quadro una corona di spine, a memoria della passione di Gesù Cristo. All’interno dell’altare, pendono dall’alto due angeli che inneggiano a Dio e alla Sacra Famiglia.
Questa simbologia dell’altare di San Giuseppe è rigorosamente rispettata ogni volta che una persona, per voto, si accinge a preparare la cosiddetta “Cena” in onore di San Giuseppe.
La festa di San Giuseppe che si celebra il 19 Marzo ha origini molto antiche, che risalgono alla tradizione pagana. Il 19 Marzo è a tutti gli effetti la vigilia dell’equinozio di primavera, quando si svolgevano i baccanali, i riti dionisiaci volti alla propiziazione della fertilità, caratterizzati da un’estrema licenziosità. Nel mese di Marzo venivano svolti anche i riti di purificazione agraria. Tracce del legame con questo tipo di culti si ritrovano nella tradizione dei falò dei residui del raccolto dell’anno precedente ancora diffusi in molte regioni.
La festa di San Giuseppe è anche la festa del papà, ma non in tutto il mondo. Nei Paesi anglossassoni infatti la festa del papà viene celebrata la terza domenica di Giugno e non assume caratteri religiosi. Secondo la tradizione San Giuseppe, oltre ad essere il patrono dei falegnami e degli artigiani, è anche il protettore dei poveri, perchè a Giuseppe e Maria fu negato un riparo per il parto da poveri in fuga. Da ciò l’usanza presente in alcune regioni del Sud di invitare i poveri il 19 Marzo al banchetto di San Giuseppe. E’ per questo che un elemento importante legato alla festa di San Giuseppe è il pane, che ricorre spesso soprattutto nel contesto siciliano, soprattutto deposto sugli altari. I falò e le tavole imbandite si ritrovano anche nel Salento, dove la festa è celebrata all’insegna degli elementi fondamentali del pellegrinaggio e dell’ospitalità.
I primi a celebrarla furono monaci benedettini nel 1030, seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai Francescani nel 1399. Venne infine promossa dagli interventi dei papi Sisto IV e Pio V e resa obbligatoria nel 1621 da Gregorio VI.
San Giuseppe, secondo il Nuovo Testamento, accettò di sposare Maria e di riconoscere legalmente Gesù come proprio figlio, perciò molte confessioni cristiane lo ritengono il padre putativo di Gesù (dal latino puto, "credo"), cioè colui "che era creduto" suo padre. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Il nome Giuseppe è la versione italiana dell'ebraico Yosef, attraverso il latino Ioseph.
Giuseppe, Maria e Gesù bambino sono anche collettivamente chiamati Sacra famiglia.
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